Ritanna Armeni. Una donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte. Ponte alle Grazie, 2018.
Estate del 1941: l’Unione Sovietica è sotto il tallone della Germania nazista, che è avanzata in profondità nel territorio sovietico e sembra invincibile. Tutti, e in particolare i giovani, si sentono chiamati alla lotta e vogliono fare quanto più possono per il proprio Paese. Irina Rakobolskaja è una ventenne bella e colta, studia fisica all’università di Mosca e risponde immediatamente al comunicato del Komsomol, che ricerca volontarie per l’Armata Rossa. Ma Irina, e decine di giovani donne con lei, saranno volontarie molto particolari.
Qualche settimana prima c’è stato un incontro fra Stalin e Marina Raskova. Marina, nata nel 1912, doveva diventare una cantante. A ventidue anni diventa invece pilota di aerei e si mette in luce per la sua audacia e la sua capacità tecnica. Allo scoppio della guerra chiede un incontro con Stalin e gli propone di formare un corpo aereo di donne. Stalin rifiuta, temendo le conseguenze dell’inserimento di donne in un ambiente tutto maschile quale quello dell’aeronautica. Marina però ha in serbo la “mossa del cavallo”: non solo donne pilota, ma un corpo formato di sole donne, dalle meccaniche alle armiere. Stalin, dopo averci pensato qualche giorno, acconsente.
Alla prima leva rispondono migliaia di donne: ne vengono selezionate mille, fra cui Irina. La giornalista Ritanna Armeni ha avuto la fortuna di ritrovarla a Mosca, novantaseienne, e di farsi raccontare da lei la loro storia. Il libro si svolge appunto su due piani: la storia delle giovani donne aviatrici della seconda guerra mondiale, e le vicende per ritrovare prima, e poi per interloquire con l’anziana donna, apparentemente fragile ma ancora piena di forza e di brio.
La complessa operazione di leva e di formazione delle ragazze, pilote e tecniche, favorita dal fatto che avevano tutte un buon livello di istruzione e un minimo di preparazione militare, dura alcuni mesi, e nell’estate del 1942 è pronto un complesso di tre unità di bombardiere, di cui una aveva base presso Stalingrado. Le giovani donne volano su fragili biplani risalenti alla prima guerra mondiale, si avvicinano di notte a volo radente – sfidando la nebbia, il vento, il freddo – così da eludere ogni controllo, e una volta giunte sull’obiettivo riprendono quota e dall’alto lasciano cadere le bombe che hanno in dotazione. Per le truppe tedesche diventano un incubo, tanto più quando vengono a sapere che si tratta di donne. Un’offesa gravissima per gli orgogliosi eroi del Reich millenario! Le chiamano Nachthexen, “le streghe della notte”. E’ curioso come in circostanze molto diverse, quando le donne fanno qualche cosa che gli uomini non capiscono o giudicano inappropriato, diventano subito delle “streghe”. Da bruciare sul rogo, ovviamente.
Ma la battaglia delle donne aviatrici non si svolge solo quando si alzano in volo. Comincia nei duri mesi di addestramento, alle prese perfino con uniformi tagliate per un fisico maschile – pantaloni enormi, giacche adatte a torsi ampi, scarpe numero 43 – esplode poi nei cieli, dove in complesso si svolgeranno 23.000 voli e 1.100 notti di combattimento; e prosegue anche dopo la guerra, per salvare una memoria che la Storia fatta dagli uomini vorrebbe cancellare. Perché il vero obiettivo delle “streghe della notte” non sono solo i tedeschi invasori, ma è la parità a tutti i costi con gli uomini, sfidando il pregiudizio e la diffidenza dei loro stessi compagni. Una spinta tanto forte da scegliere di morire pur di ottenerla. “Una donna può tutto” era il loro motto, ma non vogliono solo essere pari agli uomini: vogliono dimostrare che sono meglio e più degli uomini. E lo dimostra con eccezionale efficacia una delle compagne di Irina, che nel bel mezzo della festa che il 9 maggio del 1945 celebra la vittoria sulla piovra hitleriana, improvvisamente si sente male; un malessere particolare, sono doglie che si concludono con la nascita di un bel maschietto. Violando la sacra legge della separatezza, ma continuando i voli e le azioni di combattimento fino all’ultimo giorno, la giovane era riuscita a svolgere il suo compito di combattente e insieme quello di donna: “Datele una medaglia”, concluderà il comandante.
Le medaglie non bastano, e neppure – per Irina – il titolo di “Eroina dell’Unione Sovietica”, per mantenere la memoria di quelle gesta: sono donne che hanno sconfitto il nazismo, che hanno beffato i superuomini della pretesa razza superiore, che hanno vinto la seconda guerra mondiale: per loro basta una piccola bacheca in un angolo del grande Museo dell’Armata Rossa.
Le “streghe della notte” continueranno a vedersi, una volta all’anno a Mosca, nel piccolo giardino di fronte al teatro Bolscioi. Ma ogni anno sono sempre meno; l’ultima è Irina; ma quando esce il libro di Ritanna, anche Irina non c’è più. Conclude Ritanna Armeni: “Posso solo sperare che questo libro contrasti, almeno in parte, la forza omologante della Storia scritta dagli uomini e portarlo sulla sua tomba a Novodevicij. E’ una strega, sono sicura che riuscirà a leggerlo”. Perché le donne possono tutto.